( Tratto da: "Le Glorie di Maria" di S. Alfonso Maria de' Liguori,
dal
sito
http://www.santorosario.net/index.htm)
Sant'Agostino
dice che per ottenere con più sicurezza e abbondanza il favore dei
santi bisogna imitarli, perché vedendo che noi pratichiamo le virtù
da loro esercitate, essi sono più portati a pregare per noi. Maria,
la regina dei santi e la nostra prima avvocata, dopo aver sottratto
un'anima dagli artigli di Lucifero e averla unita a Dio, vuole che
quest'anima cerchi d'imitarla, altrimenti non potrà arricchirla
delle sue grazie come vorrebbe, vedendola contraria ai suoi
comportamenti. Perciò la Vergine chiama beati quelli che imitano
diligentemente la sua vita: «Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli
che seguono le mie vie!» (Prv 8,32). Chi ama, o è simile o cerca
di rendersi simile alla persona amata, secondo il celebre proverbio:
«L'amore trova o fa uguali». Perciò san Girolamo ci esorta
dicendo che se noi amiamo Maria, dobbiamo cercare d'imitarla, perché
questo è il maggiore omaggio che possiamo offrirle. Riccardo di san
Lorenzo afferma che sono e possono chiamarsi veri figli di Maria
quelli che cercano di imitare la sua vita. Dunque, conclude san
Bernardo, il figlio si sforzi di imitare la Madre, se desidera il
suo favore; poiché allora, vedendosi onorata come madre, Maria lo
tratterà e favorirà come figlio.
In
quanto poi alle virtù di questa Madre, anche se i Vangeli non ne
riportano molti dettagli, tuttavia, dato che vi si dice che fu piena
di grazia, comprendiamo facilmente che Maria ebbe tutte le virtù e
tutte in grado eroico. San Tommaso dice: «Ciascuno degli altri
santi ha primeggiato in una virtù particolare: uno fu soprattutto
casto, un altro fu soprattutto umile, un altro fu soprattutto
misericordioso. Ma la beata Vergine ci è stata data come esempio di
tutte le virtù». E sant'Ambrogio afferma: «Così fu Maria, perché
la sua vita fosse di esempio a tutti». Perciò il santo ci lasciò
scritto: «Come in un'immagine rifulga in voi la verginità e la
vita di Maria, nella quale risplende ogni forma di virtù. Da lei
attingete gli esempi di vita... ciò che dovete correggere, ciò che
dovete evitare, ciò a cui dovete aderire».
E
poiché, come insegnano i santi padri, l'umiltà è il fondamento di
tutte le virtù, vediamo in primo luogo quanto fu grande l'umiltà
della Madre di Dio.
L'UMILTÀ
DI MARIA
«L'umiltà
è fondamento e custode delle virtù», dice san Bernardo, e con
ragione. Senza umiltà, infatti, non vi può essere alcun'altra virtù
in un'anima. Anche se essa possiede tutte le virtù, tutte verranno
meno se viene meno l'umiltà. Al contrario, come san Francesco di
Sales scrisse alla beata suor Giovanna di Chantal, Dio ama tanto l'umiltà,
che subito accorre dove la vede. Questa bella virtù così
necessaria era sconosciuta nel mondo, ma il Figlio stesso di Dio
venne ad insegnarla sulla terra con il suo esempio e volle che
specialmente in essa noi cercassimo d'imitarlo: «Imparate da me che
sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Come fu la prima e più
perfetta discepola di Gesù Cristo in tutte le virtù, così Maria
lo fu anche nell'umiltà, per cui meritò di essere esaltata sopra
tutte le creature. Fu rivelato a santa Matilde che la prima virtù
esercitata dalla Vergine fin dalla fanciullezza fu l'umiltà.
Il
primo atto dell'umiltà di cuore è avere un basso concetto di sé.
Maria ebbe sempre un così basso concetto di se stessa, come fu
ugualmente rivelato a santa Matilde, che, pur vedendosi arricchita
di grazie più degli altri, non si mise mai al di sopra di nessuno.
Spiegando quel passo del Cantico dei Cantici: «Mi hai ferito il
cuore, sorella mia sposa... con un solo capello del tuo collo» (Ct
4,9 Vulg.), l'abate Ruperto dice che questo capello del collo della
sposa fu appunto l'umile concetto che Maria ebbe di sé, con cui ferì
il cuore di Dio; «che cosa c'è infatti più sottile di un capello?».
Non già che la santa Vergine si stimasse peccatrice, perché l'umiltà
è verità, come dice santa Teresa, e Maria sapeva di non aver mai
offeso Dio. Non che non confessasse di aver ricevuto da Dio maggiori
grazie di tutte le altre creature, perché un cuore umile ben
riconosce i favori speciali del Signore per umiliarsi ancor più; ma
la divina Madre, alla luce più grande che aveva per conoscere l'infinita
grandezza e bontà del suo Dio, conosceva meglio la sua piccolezza.
Perciò si umiliava più di ogni altro e con la sposa del Cantico
dei Cantici diceva: «Non guardate che io sono bruna, perché mi ha
abbronzato il sole» (Ct 1,6). San Bernardo commenta: «In confronto
al suo splendore, mi trovo nera». Infatti, dice san Bernardino, «la
Vergine aveva sempre un rapporto attuale con la divina maestà e con
il proprio niente». Come una mendicante, se indossa una ricca veste
che le è stata donata, non se ne insuperbisce, ma nel vederla tanto
più si umilia davanti al suo donatore perché più si ricorda della
sua povertà, così Maria, quanto più si vedeva arricchita, tanto
più si umiliava, ricordandosi che tutto era dono di Dio. La Vergine
stessa disse alla benedettina santa Elisabetta: «Sappi che io mi
ritenevo la creatura più spregevole e indegna della grazia di Dio».
San Bernardino afferma: «Come nessuna creatura, dopo il Figlio di
Dio, s'innalzò sulle vette della grazia quanto Maria, così nessuna
creatura scese più in basso nell'abisso dell'umiltà».
Inoltre
è atto di umiltà nascondere i doni celesti. Maria volle tacere a
san Giuseppe la grazia di essere divenuta Madre di Dio, anche se
pareva necessario informarlo, per dissipare i sospetti che lo sposo
poteva avere sulla sua onestà vedendola incinta, o almeno per
liberarlo dal turbamento. San Giuseppe infatti, non potendo dubitare
della castità di Maria e d'altra parte ignorando il mistero, «decise
di rimandarla in segreto» (Mt 1,19); e, se l'angelo non gli avesse
rivelato che la sposa aveva concepito per opera dello Spirito Santo,
l'avrebbe lasciata.
Inoltre
l'umile rifiuta le lodi per sé e le riferisce tutte a Dio. Maria si
turbò nel sentirsi lodare dall'angelo Gabriele e quando santa
Elisabetta le disse: «Benedetta tu fra le donne... A che debbo che
la Madre del mio Signore venga a me?... Beata colei che ha creduto...»
(Lc 1), la Vergine, attribuendo tutte quelle lodi a Dio, rispose con
l'umile cantico: «L'anima mia magnifica il Signore». Come se
dicesse: Elisabetta, tu lodi me, ma io lodo il Signore a cui solo è
dovuto l'onore. Tu ammiri che io venga a te; io ammiro la divina
bontà: «il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore». Tu mi lodi
perché ho creduto; io lodo il mio Dio che ha voluto esaltare il mio
niente: «perché ha guardato l'umiltà della sua serva» (Lc
1,46-48). Maria disse a santa Brigida: «Perché mi umiliavo tanto e
ho meritato tanta grazia, se non perché ho saputo e pensavo di non
essere e di non avere niente? Perciò non volli la mia lode, ma
soltanto quella del donatore e del creatore». Parlando dell'umiltà
di Maria, sant'Agostino esclama: «O beata umiltà, che donò Dio
agli uomini, aprì il paradiso e liberò le anime dagli inferi».
È
proprio degli umili il servire, e Maria non esitò ad andare a
servire Elisabetta per tre mesi. Dice dunque san Bernardo: «Elisabetta
si meravigliava che Maria fosse venuta, ma ancor più si stupisca
che sia venuta non per essere servita, ma per servire».
Gli
umili se ne stanno in disparte e si scelgono il posto peggiore.
Perciò Maria, osserva san Bernardo, quella volta che Gesù stava
predicando in una casa (Mt 12), desiderava parlargli ma «non volle
interrompere il discorso di suo Figlio con la sua autorità di madre
e non entrò nella casa in cui egli parlava». Per la stessa ragione,
stando nel cenacolo con gli apostoli, Maria volle mettersi
all'ultimo posto. Leggiamo in san Luca: «Tutti questi erano assidui
e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la
madre di Gesù» (At 1,14). Non che san Luca non conoscesse i meriti
della divina Madre, per cui avrebbe dovuto nominarla in primo luogo;
ma poiché Maria si era messa all'ultimo posto nel cenacolo, dopo
gli apostoli e le altre donne, san Luca menziona tutti i presenti
secondo l'ordine in cui stavano collocati. È questo il pensiero di
un autore. Dice san Bernardo: «Giustamente l'ultima è diventata la
prima perché, pur essendo la prima di tutti, si comportava come se
fosse l'ultima».
Infine
gli umili amano le manifestazioni di disprezzo. Perciò non si legge
che Maria fosse presente in Gerusalemme quando nella Domenica delle
palme il Figlio fu ricevuto dal popolo con tanti onori. Invece al
momento della morte di Gesù la Vergine non si astenne dal comparire
in pubblico sul Calvario, affrontando il disonore di essere
riconosciuta come madre del condannato, che moriva da infame con una
morte infame. Maria disse a santa Brigida: «Che cosa c'è di più
spregevole di essere considerata incapace, di avere bisogno di tutto
e di credersi la più indegna di tutti? Tale, o figlia, fu la mia
umiltà, questa la mia gioia e questa la mia volontà, perché non
avevo altro pensiero che di piacere unicamente a mio Figlio».
Alla
venerabile suor Paola da Foligno fu dato in un'estasi di comprendere
quanto fu grande l'umiltà della santa Vergine. Parlandone al suo
confessore, la religiosa, piena di stupore, diceva: «Ah padre, l'umiltà
della Madonna! Nel mondo non vi è neppure un minimo grado di umiltà
in confronto a quella di Maria». Una volta, il Signore fece vedere
a santa Brigida due dame, una tutta fasto e vanità. «Questa, le
disse, è la superbia. L'altra che vedi, con atteggiamento modesto,
rispettosa verso tutti, con il pensiero rivolto unicamente a Dio e
che si considera come un niente, è l'umiltà e si chiama Maria».
Dio volle in tal modo manifestarci che la sua beata Madre era così
umile, che era l'umiltà stessa.
È
certo che per la nostra natura corrotta dal peccato non c'è forse,
dice san Gregorio Nisseno, nessuna virtù più difficile da
praticare che l'umiltà. Ma non c'è altra via: non potremo mai
essere veri figli di Maria se non siamo umili. Dice san Bernardo: «Se
non puoi imitare la verginità dell'umile, imita l'umiltà della
Vergine». Ella aborrisce i superbi, chiama a sé soltanto gli umili:
«Chi è fanciullo venga a me» (Prv 9,4). Riccardo di san Lorenzo
afferma: «Maria ci protegge sotto il mantello dell'umiltà». La
Madre di Dio stessa così parlò a santa Brigida: «Anche tu, figlia
mia, vieni e nasconditi sotto il mio mantello; questo mantello è la
mia umiltà». Poi disse che la considerazione della sua umiltà è
un buon mantello che riscalda. Ma come il mantello non riscalda se
non chi lo porta, non solo con il pensiero, ma anche in opera, così,
aggiunse, «la mia umiltà non giova, se non ci si sforza di
imitarla. Perciò, figlia mia, rivestiti di questa umiltà». Quanto
sono care a Maria le anime umili! San Bernardo scrive: «La Vergine
riconosce e ama quelli che la amano ed è vicina a coloro che la
invocano, specialmente a quelli che vede conformi a sé nella castità
e nell'umiltà». Perciò il santo esorta tutti coloro che amano
Maria ad essere umili: «Sforzatevi di emulare questa virtù, se
amate Maria». Martino d'Alberto della Compagnia di Gesù per amore
della Vergine era solito scopare il convento e raccoglierne le
immondizie. Una volta, riferisce il padre Nieremberg, gli apparve la
divina Madre e ringraziandolo gli disse: «Quanto mi è cara
quest'azione fatta per amor mio!».
Dunque,
mia Regina, non potrò mai essere tuo vero figlio se non sono umile.
Ma non vedi che i miei peccati dopo avermi reso ingrato verso il mio
Signore mi hanno fatto diventare anche superbo? Madre mia, poni tu
rimedio alla mia situazione: per i meriti della tua umiltà
ottienimi di essere umile, divenendo così figlio tuo. Amen.
LA
CARITÀ DI MARIA VERSO DIO
Dice
sant'Anselmo: «Quanto più un cuore è puro e vuoto di se stesso,
tanto più sarà pieno di amore verso Dio». Maria fu tutta umile e
vuota di sé, scrive san Bernardino, e perciò fu tutta piena di
amore divino, superando l'amore di tutti gli uomini e di tutti gli
angeli verso Dio. Con ragione dunque san Francesco di Sales la chiamò
la «Regina dell'amore».
Il
Signore ha dato all'uomo questo precetto: «Amerai il Signore Dio
tuo con tutto il tuo cuore» (Mt 22,37). «Questo precetto, dice san
Tommaso, sarà adempiuto completamente e perfettamente in cielo. Su
questa terra viene adempiuto, ma in maniera imperfetta». Il beato
Alberto Magno afferma che in certo modo sarebbe stato disdicevole a
Dio imporre un precetto che non fosse stato perfettamente osservato
da nessuno, se non vi fosse stata la sua divina Madre, la quale l'osservò
perfettamente. Riccardo di san Vittore conferma questo pensiero
dicendo: «La madre del nostro Emmanuele fu perfetta nella pratica
di ogni virtù. Chi mai adempì come lei quel primo comandamento:
Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore? L'amore divino fu
in lei così ardente che non poté sfiorarla alcun difetto». «L'amore
di Cristo, scrive san Bernardo, non solo ferì, ma trapassò l'anima
di Maria tanto che non restò alcuna parte senza ferita. Così ella
amò con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze e fu
piena di grazia». Quindi Maria poteva ben dire: «Il mio diletto è
per me, e io per lui» (Ct 2,16). «Anche i serafini, dice Riccardo,
potevano scendere dal cielo per imparare nel cuore della Vergine il
modo di amare Dio».
Dio,
che è amore (1 Gv 4,8), venne sulla terra ad accendere in tutti la
fiamma del suo divino amore, ma non ne infiammò nessun cuore quanto
quello di sua Madre che, essendo libero dagli affetti terreni, era
interamente disposto ad ardere di questo fuoco. Così san Girolamo
scrive: «L'amore di Dio aveva acceso talmente Maria, che niente al
mondo poteva alterare il suo sentimento, ma c'erano in lei un ardore
continuo e l'ebbrezza di un amore senza limiti». Il cuore di Maria
divenne dunque tutto fuoco e fiamme, come si legge nel Cantico dei
Cantici: «Le sue fiaccole sono fiaccole di fuoco e di fiamme» (Ct
8,6 Vulg.). Sant'Anselmo spiega: fuoco, ardendo interiormente per
amore; fiamme, risplendendo di fuori con l'esercizio delle virtù.
Dunque, quando Maria portava Gesù tra le braccia, si poteva dire
che era «fuoco che porta il fuoco» ben a maggior diritto di quanto
diceva Ippocrate, in un altro senso, a proposito di una donna che
portava in mano il fuoco. Sant'Ildefonso dice: «Lo Spirito Santo
infiammò interamente Maria, come fa il fuoco con il ferro; di modo
che in lei si vedeva solo la fiamma dello Spirito Santo e si sentiva
solo il fuoco dell'amore divino». Secondo san Tommaso da Villanova,
il roveto che Mosè vide ardere senza consumarsi era già il simbolo
del cuore della Vergine. Perciò con ragione, dice san Bernardo,
Maria fu veduta da san Giovanni vestita di sole: «Nel cielo apparve
un segno grandioso: una donna vestita di sole» (Ap 12,1), perché
ella penetrò nell'abisso della divina sapienza al di là di quanto
si possa immaginare ed è immersa in quella luce inaccessibile per
quanto è possibile a una creatura.
San
Bonaventura afferma che la santa Vergine non fu mai tentata
dall'inferno, perché «come un grande fuoco fa fuggire le mosche,
così dal suo cuore ardente di amore venivano scacciati i demoni che
non ardivano avvicinarsi a lei». Riccardo di san Vittore dice
ugualmente: «La Vergine fu terribile verso i principi delle tenebre,
che non osarono avvicinarsi a tentarla, perché li spaventava la
fiamma dell'amore». Maria stessa rivelò a santa Brigida che in
questo mondo non ebbe altro pensiero, altro desiderio, altro gaudio
che Dio. Dato che sulla terra la sua anima benedetta stava quasi
sempre a contemplare Dio, gli atti d'amore che faceva erano
innumerevoli, come scrive il padre Suarez. Ma preferisco dire, con
Bernardino da Busto, che Maria, invece di ripetere gli atti d'amore,
come fanno gli altri santi, per singolare privilegio, amava sempre
attualmente Dio con un atto continuo. Come l'aquila reale, teneva
sempre gli occhi fissi sul sole divino, «in maniera tale, dice san
Pier Damiani, che né le azioni impedivano la contemplazione, né la
contemplazione le impediva di svolgere le sue attività». Sicché,
dice san Germano, fu figura di Maria l'altare propiziatorio, in cui
non si spegneva mai il fuoco, né di giorno né di notte.
Neppure
il sonno impediva a Maria di amare il suo Dio. Se tale privilegio fu
concesso ai nostri progenitori nello stato d'innocenza, come afferma
sant'Agostino, dicendo che allora «erano ugualmente felici i loro
sogni mentre dormivano e la vita quando erano svegli», quello
stesso privilegio non deve essere certamente negato alla divina
Madre. Glielo accordano il Suarez, l'abate Ruperto, san Bernardino
da Siena e sant'Ambrogio il quale, parlando di Maria, lasciò
scritto: «Mentre riposava il corpo, vegliava l'animo». In lei si
realizzava ciò che disse il Saggio: «Non si spegne di notte la sua
lampada» (Prv 31,18).
Sì,
dice san Bernardino, mentre il suo santo corpo in un leggero sonno
prendeva il necessario riposo, «la sua anima liberamente tendeva
verso Dio. Perciò allora la sua contemplazione era più perfetta di
quanto mai poté essere quella di qualunque persona sveglia». «Io
dormo, ma il mio cuore veglia», poteva ella dire con la sposa del
Cantico dei Cantici (Ct 5,2). «Ugualmente felice sia quando dormiva
che quando vegliava», dice il Suarez. Insomma, afferma san
Bernardino, su questa terra «la mente della Vergine era
continuamente immersa nell'ardore del suo amore». Inoltre ella non
fece mai se non quello che seppe essere gradito a Dio e tanto amò
Dio quanto stimò di doverlo amare. Di modo che, dice il beato
Alberto Magno, «crediamo anche, salvo diverso parere, che nel
concepire il Figlio di Dio la beata Vergine abbia ricevuto tanta
carità quanta una semplice creatura poteva ricevere in questa vita».
San Tommaso da Villanova aggiunge che con la sua ardente carità la
Vergine divenne così bella agli occhi del suo Dio che egli, preso
dal suo amore, discese nel seno di lei a farsi uomo. E san
Bernardino esclama: «O virtù della Vergine Madre! Una fanciulla ha
ferito e rapito il cuore di Dio!».
Ma
poiché Maria ama tanto il suo Dio, certamente non richiede
nessun'altra cosa dai suoi devoti, quanto che amino Dio come meglio
possono. Così appunto disse alla beata Angela da Foligno un giorno
in cui essa si era comunicata: «Angela, sii benedetta dal Figlio
mio. Tu cerca di amarlo quanto puoi». A santa Brigida la beata
Vergine disse: «Figlia, se vuoi legarmi a te, ama il Figlio mio».
Maria non desidera nulla più che di vedere amato il suo diletto,
che è Dio. Il Novarino si domanda perché la santa Vergine con la
sposa del Cantico dei Cantici pregava gli angeli di dire al suo
Signore il grande amore che gli portava: «Vi scongiuro, figlie di
Gerusalemme, se trovate il mio diletto, ditegli che languisco d'amore»
(Ct 5,8). Dio non sapeva già forse quanto ella lo amava? «Perché
chiede di mostrare all'amato la ferita che egli stesso ha fatto?».
E il Novarino risponde che la divina Madre volle far conoscere il
suo amore non a Dio, ma a noi altri, affinché come lei era ferita,
potesse ferire anche noi di amore divino. «Poiché fu ardente d'amore
per Dio, dice san Bonaventura, Maria infiamma e rende simili a sé
tutti coloro che la amano e l'avvicinano». Perciò santa Caterina
da Siena la chiamava «Portatrice del fuoco» dell'amore divino. Se
vogliamo dunque ardere anche noi di questa santa fiamma, cerchiamo
sempre di accostarci alla nostra Madre con le preghiere e con gli
affetti.
Maria,
Regina dell'amore, la più amabile, la più amata e la più amante
di tutte le creature - come ti diceva san Francesco di Sales - Madre
mia, tu ardesti sempre d'amore verso Dio. Degnati di donarmene
almeno una scintilla. Tu pregasti tuo Figlio per quegli sposi cui
mancava il vino: «Non hanno vino» (Gv 2,3); e non pregherai per
noi ai quali manca l'amore verso Dio, che siamo tanto obbligati ad
amare? Di' pure: «Non hanno amore» e ottienici questo amore. Non
ti chiediamo altra grazia che questa. Madre, per l'amore che porti a
Gesù, esaudiscici, prega per noi. Amen.
LA
CARITÀ DI MARIA VERSO IL PROSSIMO
L'amore
verso Dio e verso il prossimo ci è imposto nello stesso precetto:
«Noi abbiamo da Dio questo comandamento: chi ama Dio ami anche il
proprio fratello» (1 Gv 4,21). La ragione, scrive san Tommaso, è
che chi ama Dio ama tutte le cose amate da Dio. Santa Caterina da
Genova diceva un giorno a Dio: «Signore, tu vuoi che io ami il
prossimo, ma io non posso amare che te». Dio le rispose: «Chi ama
me, ama tutte le cose amate da me». Ma poiché non vi è stato né
vi sarà chi più di Maria amasse Dio, così non vi è stato né vi
sarà chi più di Maria abbia amato il prossimo. «Una lettiga si è
fatta il re Salomone... il centro è un ricamo d'amore delle
fanciulle di Gerusalemme» (Ct 3,9). A proposito di questo passo il
padre Cornelio a Lapide dice che questa lettiga fu il seno della
beata Vergine in cui il Verbo Incarnato venne ad abitare e riempì
la sua santa Madre di un'immensa carità, affinché ella aiutasse
chiunque ricorre a lei.
Durante
la sua vita Maria fu così piena di carità, che soccorreva i
bisognosi senza esserne neppure richiesta. Così fece alle nozze di
Cana, quando domandò al Figlio il miracolo del vino, esponendo la
pena di quella famiglia: «Non hanno vino» (Gv 2,3). Come era
sollecita la Vergine quando si trattava di aiutare il prossimo!
Quando per un compito di carità si recò da Elisabetta, «si mise
in viaggio verso la montagna in fretta» (Lc 1,39). Ma la prova più
grande di carità, la diede offrendo alla morte suo Figlio per la
nostra salvezza. San Bonaventura dice: «Maria ha tanto amato il
mondo da dare il suo Figlio unigenito». E sant'Anselmo esclama: «O
benedetta fra le donne, che superi gli angeli nella purezza e i
santi nella pietà!». San Bonaventura afferma: «Grande fu la
misericordia di Maria verso i miseri mentre era pellegrina su questa
terra, ma molto più grande è ora che regna nel cielo, perché vede
meglio le miserie degli uomini». L'angelo rivelò a santa Brigida
che non vi è nessuno che preghi senza ricevere grazie per la carità
della Vergine. Poveri noi, se Maria non pregasse per noi! Gesù
stesso disse a santa Brigida: «Senza l'intercessione di mia Madre,
non ci sarebbe speranza di misericordia».
«Beato
l'uomo che mi ascolta, dice la divina Madre, vegliando alle mie
porte ogni giorno, custodendone la soglia» (Prv 8,34), e osserva la
mia carità per esercitarla verso gli altri a mia imitazione. San
Gregorio Nazianzeno afferma che niente ci può conciliare la
benevolenza della Vergine quanto la misericordia verso il prossimo.
Dio ci esorta: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il
Padre vostro» (Lc 6,36). Così anche Maria sembra dire a tutti i
suoi figli: «Siate misericordiosi, come è misericordiosa la Madre
vostra». È certo che secondo la carità che noi useremo col
prossimo, Dio e Maria l'useranno con noi: «Date e vi sarà dato...
con la stessa misura con cui misurate, sarà misurato anche a voi»
(Lc 6,38). San Metodio diceva: «Dona al povero e riceverai il
paradiso». Scrisse l'Apostolo: «La pietà è utile a tutto, avendo
la promessa della vita presente e di quella futura» (1 Tm 4,8). «Chi
fa la carità al povero presta a Dio» (Prv 19,17). Commentando
queste parole, san Giovanni Crisostomo afferma che chi soccorre i
bisognosi fa sì che Dio gli diventi debitore.
Madre
di misericordia, tu sei piena di carità verso tutti; non ti
scordare delle mie miserie. Tu le vedi; raccomandami a Dio che non
ti nega nulla. Ottienimi la grazia di poterti imitare nella santa
carità, sia verso Dio, sia verso il prossimo. Amen.
LA
FEDE DI MARIA
Come
la beata Vergine è madre dell'amore e della speranza, così è
anche madre della fede. «Io sono la madre del bell'amore, del
timore e della scienza e della santa speranza» (Sir 24,24 Vulg.). E
con ragione, dice sant'Ireneo, poiché quel danno che Eva fece con
la sua incredulità, Maria lo riparò con la sua fede. Eva, conferma
Tertulliano, poiché volle credere al serpente preferendolo a quello
che aveva detto Dio, apportò la morte. Ma la nostra Regina, col
credere, come le aveva detto l'angelo, che sarebbe divenuta Madre
del Signore pur restando vergine, apportò al mondo la salvezza.
Sant'Agostino dice che, dando il suo consenso all'Incarnazione del
Verbo, Maria, per mezzo della sua fede, aprì agli uomini il
paradiso. Spiegando questo passo di san Paolo: «Il marito non
credente è santificato dalla moglie credente» (1 Cor 7,14),
Riccardo di san Lorenzo scrive: «Questa è la donna fedele, per la
cui fede è stato salvato Adamo, uomo infedele, e tutta la sua
discendenza». A causa della sua fede la Vergine fu proclamata beata
da Elisabetta: «Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle
parole del Signore» (Lc 1,45). Sant'Agostino aggiunge: «Maria fu
più beata nell'accogliere la fede di Cristo, che nel concepire la
carne di Cristo».
Il
padre Suarez dice che la santa Vergine ebbe più fede di tutti gli
uomini e tutti gli angeli. Vedeva il Figlio suo nella stalla di
Betlemme e lo credeva il creatore del mondo. Lo vedeva fuggire da
Erode e non cessava di credere che era il re dei re. Lo vide nascere
e lo credette eterno. Lo vide povero, bisognoso di cibo e lo
credette Signore dell'universo; coricato sul fieno e lo credette
onnipotente. Osservò che non parlava e credette che era la Sapienza
infinita. Lo sentiva piangere e credeva che era il gaudio del
paradiso. Lo vide infine morire vilipeso e crocifisso, ma benché
negli altri vacillasse la fede, Maria continuò a credere fermamente
che egli era Dio. «Vicino alla croce di Gesù stava sua madre» (Gv
19,25). Meditando su queste parole sant'Antonino scrive: «Maria
stava salda nella fede, che conservò incrollabile, nella divinità
di Cristo». Per questo, aggiunge il santo, nell'ufficio delle
Tenebre si lascia una sola candela accesa. A tale proposito san
Leone applica alla Vergine questo passo dei Proverbi: «Non si
spegne di notte la sua lampada» (Prv 31,18). Commentando le parole
di Isaia: «Da me solo ho spremuto il torchio e delle genti nessun
uomo è con me» (Is 63,3), san Tommaso scrive: «Dice: nessun uomo,
a causa della Vergine, nella quale non venne mai meno la fede». Il
beato Alberto Magno esclama: «Ebbe fede in sommo grado colei che,
mentre i discepoli dubitavano, non dubitò».
Quindi
per la sua grande fede Maria meritò di essere la luce di tutti i
fedeli. Così san Metodio la chiama: «La fiaccola dei fedeli» e
san Cirillo Alessandrino: «Lo scettro della vera fede». Per merito
della fede di lei la santa Chiesa attribuisce alla Vergine la
sconfitta di tutte le eresie: «Rallegrati, Vergine Maria, tu sola
hai debellato tutte le eresie nel mondo intero». San Tommaso da
Villanova, spiegando le parole dello Spirito Santo: «Mi hai ferito
il cuore, sorella mia sposa... con un solo sguardo dei tuoi occhi»
(Ct 4,9), dice che questi occhi furono la fede di Maria, per cui
ella molto piacque a Dio.
Sant'Ildefonso
ci esorta: «Imitate la fede di Maria». Ma come possiamo imitare
questa fede di Maria? La fede è insieme dono e virtù. È dono di
Dio in quanto è una luce che Dio infonde nell'anima; è virtù in
quanto l'anima la mette in pratica. Perciò la fede ci deve servire
da regola non solo per credere, ma anche per agire. Così san
Gregorio diceva: «Crede veramente colui che nella sua vita mette in
pratica ciò che crede». E sant'Agostino: «Tu dici: credo. Fa'
quello che dici: questa è la fede». Questo è l'avere una fede
viva, cioè il vivere secondo quel che si crede: «Il mio giusto
vive di fede» (Eb 10,38). Così visse la beata Vergine, a
differenza di coloro che non vivono secondo quel che credono e la
cui fede è morta, come dice san Giacomo: «La fede senza le opere
è morta» (Gc 2,26).
Diogene
andava cercando dappertutto un uomo: «Cerco un uomo». Ma Dio, fra
tanti fedeli che vi sono, par che vada cercando un cristiano: «Cerco
un cristiano». Pochi sono quelli che ne compiono le opere; la
maggior parte ne porta soltanto il nome. A costoro si dovrebbe dire
ciò che Alessandro Magno disse a un soldato codardo che si chiamava
anch'egli Alessandro: «Cambia nome o cambia comportamento». Ma,
diceva il venerabile Giovanni Avila, questi sciagurati dovrebbero
essere rinchiusi come pazzi in un carcere poiché, pur credendo che
sia preparata un'eternità felice per chi vive bene e un'eternità
infelice per chi vive male, vivono tuttavia come se non vi
credessero. Quindi sant'Agostino ci esorta a vedere le cose con
occhi cristiani, cioè che vedono secondo la fede: «Abbiate occhi
cristiani». Dalla mancanza di fede, diceva santa Teresa, nascono
tutti i peccati. Perciò preghiamo la santa Vergine affinché per i
meriti della sua fede ci ottenga una fede viva: «Signora, aumenta
la nostra fede!» (cfr Lc 17,6).
LA
SPERANZA DI MARIA
Dalla
fede nasce la speranza. Dio ci illumina con la fede alla conoscenza
della sua bontà e delle sue promesse, affinché ci innalziamo con
la speranza al desiderio di possederlo. Poiché dunque Maria ebbe la
virtù di una fede eminente, ebbe anche la virtù di una speranza
eminente, che le faceva dire con Davide: «Il mio bene è stare
vicino a Dio, porre nel Signore Dio la mia speranza» (Sal 72,28).
Maria fu quella sposa fedele dello Spirito Santo della quale fu
detto: «Chi è costei che sale dal deserto, ricolma di delizie,
appoggiata al suo diletto?» (Ct 8,5). Sale dal deserto, spiega il
cardinale Giovanni Algrino, perché fu sempre distaccata dal mondo,
da lei considerato un deserto e perciò, non fidando né nelle
creature né nei propri meriti, si appoggiò interamente sulla
grazia divina nella quale soltanto confidava, per avanzare sempre
nell'amore del suo Dio.
La
santa Vergine dimostrò quanto fosse grande la sua fiducia in Dio in
primo luogo quando si accorse che il suo santo sposo Giuseppe,
ignorando il modo della sua prodigiosa gravidanza, era turbato e
pensava di lasciarla: «Giuseppe... decise di rimandarla in segreto»
(Mt 1,19). Come abbiamo già detto in precedenza, sembrava
necessario che Maria gli rivelasse il mistero nascosto. «Ma, dice
Cornelio a Lapide, la beata Vergine non volle far conoscere ella
stessa la grazia ricevuta e preferì abbandonarsi alla divina
provvidenza, confidando che Dio avrebbe difeso la sua innocenza e la
sua reputazione». Dimostrò inoltre la fiducia in Dio quando,
vicina al parto, si vide esclusa a Betlemme anche dall'albergo dei
poveri e ridotta a partorire in una stalla: «Lo depose in una
mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'albergo» (Lc
2,7). Non pronunziò allora nessuna parola di lamento ma, tutta
abbandonata in Dio, confidò che egli l'avrebbe assistita in quella
prova. La divina Madre dimostrò un'altra volta la sua grande
fiducia nella divina provvidenza quando, avvisata da san Giuseppe di
dover fuggire in Egitto, la stessa notte intraprese un così lungo
viaggio verso un paese straniero e sconosciuto, senza provviste,
senza denaro, senza altro accompagnamento che quello del suo bambino
Gesù e del suo povero sposo: «Giuseppe, destatosi, prese con sé
il bambino e sua madre, nella notte, e partì per l'Egitto» (Mt
2,14). Molto più Maria dimostrò la sua fiducia quando chiese al
Figlio la grazia del vino per gli sposi di Cana. Alle sue parole: «Non
hanno vino», Gesù aveva risposto: «Che ho da fare con te, o
donna? Non è ancora giunta la mia ora» (Gv 2,4). Pareva dunque
chiaro che la sua domanda fosse respinta. Ma la Vergine, fiduciosa
nella bontà divina, disse ai servi: «Fate quello che vi dirà»,
perché era sicura che il Figlio le avrebbe accordato la grazia. Gesù
infatti fece riempire le giare d'acqua e poi la mutò in vino.
Impariamo
dunque da Maria ad avere piena fiducia, principalmente per quanto
riguarda la nostra salvezza eterna, per la quale, benché la nostra
cooperazione sia necessaria, tuttavia dobbiamo sperare solo da Dio
la grazia per conseguirla, diffidando delle nostre proprie forze e
ripetendo con l'apostolo: «Tutto posso in colui che mi dà forza»
(Fil 4,13).
Mia
santa Regina, di te mi dice l'Ecclesiastico che sei la madre della
speranza: «Madre... della santa speranza» (Sir 24,24 Vulg.). Di te
mi dice la santa Chiesa che sei la speranza stessa: «Salve,
speranza nostra». Quale altra speranza vado dunque cercando? Dopo
Gesù sei tu tutta la mia speranza. Così ti chiamava san Bernardo,
così voglio chiamarti anch'io: «Tutta la ragione della mia
speranza». E ti dirò sempre con san Bonaventura: «O salvezza di
chi ti invoca, salvami».
LA
CASTITÀ DI MARIA
Dopo
il peccato di Adamo, essendosi i sensi ribellati alla ragione, la
virtù della castità è per gli uomini la più difficile da
praticare. «Tra tutte le lotte, dice sant'Agostino, le più aspre
sono le battaglie della castità; il combattimento è quotidiano e
la vittoria è rara». Sia sempre lodato il Signore che in Maria ci
ha dato un grande modello di questa virtù. «A ragione, esclama il
beato Alberto Magno, Maria è chiamata Vergine delle vergini perché,
per prima, senza il consiglio e l'esempio di nessuno, offrendo la
sua verginità a Dio, gli ha dato poi tutte le vergini che l'hanno
imitata». Già Davide aveva predetto: «Le vergini sue compagne
sono introdotte... nel palazzo del re» (Sal 44,15-16). Senza
consiglio e senza esempio; sì, dice san Bernardo: «O Vergine, chi
ti insegnò a piacere a Dio con la verginità e a condurre sulla
terra una vita angelica?». «Cristo, risponde Sofronio, si scelse
per madre questa Vergine purissima, affinché ella fosse per tutti
un esempio di castità». Perciò sant'Ambrogio chiama Maria la
vessillifera della verginità.
Per
questa sua purezza lo Spirito Santo proclama la santa Vergine bella
come la tortorella: «Le tue guance sono belle come le guance della
tortora» (Ct 1,9 Vulg.). «Tortorella purissima è Maria»,
commenta Aponio. Perciò fu paragonata anche al giglio: «Come un
giglio tra gli spini, così l'amica mia tra le fanciulle» (Ct 2,2).
San Dionisio Cartusiano osserva che Maria fu chiamata giglio tra le
spine perché «tutte le altre vergini furono spine o per se stesse
o per gli altri; ma la beata Vergine né per sé né per gli altri.
Infatti col solo farsi vedere infondeva a tutti pensieri e desideri
di purezza». San Tommaso conferma: «La bellezza della beata
Vergine spingeva alla castità quelli che la guardavano». San
Girolamo pensa che san Giuseppe si mantenne vergine in virtù della
compagnia di Maria. Contro l'eretico Elvidio, che negava la verginità
di Maria, il santo scrive: «Tu dici che Maria non rimase vergine,
ma io sostengo che anche Giuseppe fu vergine grazie a Maria». Dice
un autore che la beata Vergine amò talmente questa virtù, che per
conservarla sarebbe stata pronta a rinunziare anche alla dignità di
Madre di Dio. Ciò risulta chiaramente dalle parole che Maria
rispose all'arcangelo: «Come avverrà questo, poiché io non
conosco uomo?» (Lc 1,34) e dalla sua risposta: «Si faccia di me
secondo la tua parola» (Lc 1,38). La Vergine mostrava così che
dava il suo consenso perché l'angelo le aveva assicurato che
sarebbe divenuta madre soltanto per opera dello Spirito Santo.
Sant'Ambrogio
dice: «Chi conserva la castità è un angelo, chi la perde è un
demonio». Quelli che sono casti diventano angeli, come disse il
Signore: «Saranno come angeli di Dio» (Mt 22,30), ma quelli che
peccano contro la castità diventano odiosi a Dio, come i demoni.
San Remigio diceva che la maggior parte degli adulti si perde per
questo vizio.
Rara
è la vittoria su questo vizio, come abbiamo detto in precedenza con
sant'Agostino, perché non si praticano i mezzi per vincere. Tre
sono i mezzi, come dicono, con san Roberto Bellarmino, i maestri
della vita spirituale: «Il digiuno, la fuga dai pericoli e la
preghiera». Per digiuno s'intende la mortificazione, specialmente
degli occhi e della gola. Benché fosse piena della grazia divina,
Maria mortificava i suoi occhi al punto che li teneva sempre bassi e
non li fissava mai su nessuno. Così dicono sant'Epifanio e san
Giovanni Damasceno e aggiungono che sin da fanciulla era così
modesta che suscitava l'ammirazione di tutti. Perciò san Luca nota
che nel recarsi a visitare santa Elisabetta, la Vergine «andò in
fretta» per essere meno veduta in pubblico. In quanto poi al cibo,
narra Filiberto che ad un eremita chiamato Felice fu rivelato che
Maria bambina beveva latte solo una volta al giorno. San Gregorio di
Tours attesta che ella digiunò in tutta la sua vita. San
Bonaventura afferma: «Maria non avrebbe mai ricevuto tanta grazia
se non fosse stata molto moderata nel cibo; infatti non si
conciliano la grazia e la gola». Maria insomma praticò la
mortificazione in ogni cosa, sicché di lei fu detto: «Le mie mani
stillarono mirra» (Ct 5,5).
Il
secondo mezzo è la fuga dalle occasioni: «Chi evita le insidie sta
al sicuro» (Prv 11,15 Vulg.). San Filippo Neri diceva: «Nella
guerra dei sensi vincono i poltroni», cioè quelli che fuggono le
occasioni. Maria fuggiva il più possibile la vista degli uomini;
perciò nella visita a santa Elisabetta, come nota Luca, «si mise
in viaggio verso la montagna in fretta». Un autore osserva che la
Vergine lasciò la casa di Elisabetta prima che questa partorisse,
come si deduce dal Vangelo: «Maria rimase con lei circa tre mesi,
poi ritornò a casa sua. Giunse intanto per Elisabetta il tempo di
partorire e diede alla luce un figlio» (Lc 1,56-57). Perché non
aspettò il parto? Per evitare le conversazioni e le visite che
avrebbero avuto luogo in quella casa.
Il
terzo mezzo è la preghiera. «Sapendo che non avrei potuto
osservare la continenza se Dio non me l'avesse concessa... mi
rivolsi al Signore e lo pregai» (Sap 8,21 Vulg.). E la Vergine
rivelò alla benedettina santa Elisabetta che non ebbe nessuna virtù
senza fatica e senza una continua preghiera. San Giovanni Damasceno
dice che Maria «è pura e ama la purezza». Perciò non può
sopportare gli impuri. Ma a chi ricorre a lei basterà invocare con
fiducia il suo nome per essere liberato da questo vizio. Il
venerabile Giovanni Avila diceva che molte persone tentate contro la
castità hanno vinto grazie all'amore verso Maria immacolata.
Maria,
purissima colomba, quanti sono nell'inferno per questo vizio!
Signora, liberacene; fa' che nelle tentazioni ricorriamo sempre a te
e t'invochiamo dicendo: «Maria, Maria, aiutaci». Amen.
LA
POVERTÀ DI MARIA
Il
nostro amorevole Redentore, per insegnarci a disprezzare i beni
mondani, volle essere povero su questa terra. Dice san Paolo: «Da
ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste
ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9). Perciò Gesù
esortava chiunque volesse essere suo seguace: «Se vuoi essere
perfetto, va', vendi quello che hai e dallo ai poveri... poi vieni e
seguimi!» (Mt 19,21).
La
sua discepola più perfetta, Maria, seguì mirabilmente il suo
esempio. San Pietro Canisio afferma che con l'eredità lasciatale
dai suoi genitori la santa Vergine avrebbe potuto vivere agiatamente,
ma si accontentò di essere povera conservando per sé un piccola
parte dei suoi beni e distribuendo tutto il resto in elemosina al
tempio e ai poveri. Molti sostengono che Maria fece anche voto di
povertà. Ella stessa rivelò a santa Brigida: «Fin dal principio
feci voto in cuor mio di non possedere nulla in questo mondo». I
doni ricevuti dai Magi non dovevano essere certamente di poco valore,
ma li distribuì tutti ai poveri. Così attesta san Bernardo: «Maria
non serbò per sé l'oro offerto dai Magi, che fu considerevole,
come si addiceva alla loro dignità regale, ma lo distribuì ai
poveri per mezzo di Giuseppe». Che la divina Madre avesse
distribuito subito i doni dei Magi, si deduce dal vedere che andando
al tempio non offrì l'agnello che era l'offerta dei benestanti
prescritta dal Levitico (Lv 12,6), ma, come dice la legge del
Signore, un paio di tortore o due giovani colombi (Lc 2,24), offerta
dei poveri. Maria stessa disse a santa Brigida: «Tutto quello che
potei avere, lo diedi ai poveri, riservando per me un po' di cibo e
il vestito».
Per
amore della povertà non disdegnò di sposarsi con un semplice
fabbro, san Giuseppe, e di sostentarsi con le fatiche delle sue mani,
filando e cucendo, come attesta san Bonaventura. Parlando di Maria,
l'angelo rivelò a santa Brigida: «Considerava le ricchezze terrene
come fango». Insomma visse sempre povera e povera morì, poiché
morendo non si sa che avesse lasciato altro che due povere vesti a
due donne che l'avevano assistita in vita, come riferiscono il
Metafraste e Niceforo.
«Chi
ama le cose non diventerà mai santo», diceva san Filippo Neri.
Santa Teresa aggiungeva: «È giusto che chi va dietro a cose
perdute si perda anch'egli». Al contrario, diceva la stessa santa,
la virtù della povertà è un bene che comprende tutti gli altri
beni. «La virtù della povertà, scrive san Bernardo, non consiste
solamente nell'essere povero, ma nell'amare la povertà». Perciò
Gesù disse: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il
regno dei cieli» (Mt 5,3). Beati, perché quelli che non vogliono
altro che Dio, in Dio trovano ogni bene e trovano nella povertà il
loro paradiso in terra, come lo trovò san Francesco nell'esclamare:
«Dio mio e mio tutto». «Amiamo dunque quell'unico bene in cui
sono tutti i beni», come esortava sant'Agostino. E preghiamo il
Signore con sant'Ignazio: «Dammi soltanto il tuo amore con la tua
grazia e sono ricco abbastanza». Quando ci affligge la povertà,
consoliamoci sapendo che Gesù e sua Madre sono stati poveri come
noi. «O povero, dice san Bonaventura, ti puoi molto consolare
pensando alla povertà di Maria e alla povertà di Cristo».
Madre
mia santissima, avesti ben ragione di dire: «Il mio spirito esulta
in Dio, mio Salvatore» (Lc 1,47), perché in questo mondo non
ambisti e non amasti altro bene che Dio. Signora, staccami dal mondo
e «attraimi dietro a te» (Ct 1,4) per amare quell'Uno che solo
merita di essere amato. Amen.
L'UBBIDIENZA
DI MARIA
Per
l'amore che portava alla virtù dell'ubbidienza, quando l'arcangelo
Gabriele le annunziò la nascita di Gesù, Maria non volle chiamarsi
con altro nome che quello di serva: «Ecco la serva del Signore».
«Vera ancella, dice san Tommaso da Villanova, che né con le
parole, né con le opere, né con il pensiero si oppose mai
all'Altissimo, ma spogliandosi di ogni volontà propria visse sempre
e in tutto ubbidiente alla divina volontà». Ella stessa dichiarò
che Dio si era compiaciuto di questa sua ubbidienza: «Ha guardato
l'umiltà della sua serva» (Lc 1,48). Questa è l'umiltà propria
di una serva: essere sempre pronta a ubbidire. Sant'Agostino dice
che la divina Madre con la sua ubbidienza rimediò al danno che
aveva fatto Eva con la sua disubbidienza: «Come Eva disubbidendo
divenne causa di morte per sé e per tutto il genere umano, così
Maria Vergine ubbidendo divenne causa di salvezza per sé e per
tutto il genere umano». L'ubbidienza di Maria fu molto più
perfetta di quella di tutti gli altri santi. Inclini al male per il
peccato originale, gli uomini provano difficoltà nel bene operare;
ma non così la beata Vergine. San Bernardino scrive: esente dal
peccato originale, «Maria non aveva impedimenti nell'ubbidire a Dio,
ma fu come una ruota che si muoveva prontamente ad ogni ispirazione
dello Spirito Santo». Lo stesso santo aggiunge: «La Vergine tenne
sempre gli occhi fissi su ciò che piace a Dio e lo eseguì con
fervido consenso». Di lei fu detto: «L'anima mia si è liquefatta,
quando il mio diletto ha parlato» (Ct 5,6). Riccardo di san Lorenzo
commenta: «L'anima della Vergine era come un metallo liquefatto per
un incendio d'amore, pronta a prendere tutte le forme della divina
volontà».
Maria
dimostrò quanto era pronta all'ubbidienza in primo luogo quando per
piacere a Dio volle ubbidire anche all'imperatore romano facendo
alla volta di Betlemme un viaggio di novanta miglia, in pieno
inverno, incinta e povera, tanto che fu costretta a partorire in una
stalla. Fu ugualmente pronta quando, avvertita da san Giuseppe, si
mise subito in cammino la notte stessa per il lungo e penoso viaggio
verso l'Egitto. Perché, si domanda il Silveira, la rivelazione di
fuggire in Egitto fu fatta a san Giuseppe e non alla beata Vergine
che più doveva sentirne la fatica? E risponde: «Perché non le
fosse tolta l'occasione di esercitare un atto di ubbidienza alla
quale era prontissima». Ma soprattutto Maria dimostrò la sua
eroica ubbidienza quando, per ubbidire alla divina volontà, offrì
alla morte il Figlio suo con tanta fermezza che, come dice
sant'Ildefonso, sarebbe stata pronta a crocifiggere il Figlio, se
fossero mancati i carnefici. Quando la donna del Vangelo esclamò:
«Beato il grembo che ti ha portato!», Gesù rispose: «Beati
piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc
11,27-28). Commentando queste parole, il venerabile Beda scrive che
Maria fu più felice per l'ubbidienza alla volontà divina che per
essere stata costituita Madre di Dio stesso.
Quindi
sono molto graditi alla Vergine quelli che amano l'ubbidienza. Una
volta ella apparve nella sua cella a un religioso francescano,
chiamato Accorso. Ma questi, chiamato ad andare a confessare un
infermo, si allontanò come gli ordinava l'ubbidienza. Ritornato,
trovò Maria che lo stava aspettando e che lodò molto la sua
ubbidienza. Al contrario, la Vergine rimproverò vivamente un altro
religioso che, quando suonò la campanella del refettorio, si
trattenne a terminare le sue devozioni.
Parlando
a santa Brigida della sicurezza che vi è nell'ubbidire al padre
spirituale, Maria le disse: «L'ubbidienza conduce tutti alla gloria».
San Filippo Neri affermava che Dio non chiede conto delle cose fatte
per ubbidienza, poiché egli stesso ha detto: «Chi ascolta voi
ascolta me. Chi disprezza voi disprezza me» (Lc 10,16). La Madre di
Dio rivelò poi a santa Brigida che per merito della sua ubbidienza
ha ottenuto dal Signore che tutti i peccatori che ricorrono a lei
pentiti, per quanto gravi siano le loro colpe, saranno perdonati.
Regina
e madre nostra, prega Gesù per noi, ottenendoci per merito della
tua ubbidienza di essere fedeli nell'ubbidire alla sua volontà e
agli ordini dei padri spirituali. Amen.
LA
PAZIENZA DI MARIA
Poiché
questa terra è luogo di merito, giustamente viene chiamata valle di
lacrime. Qui siamo tutti destinati a patire e con la pazienza a
salvare le nostre anime nella vita eterna, come disse il Signore: «Con
la vostra pazienza salverete le vostre anime» (Lc 21,19). Dio ci
diede la Vergine Maria come esempio di tutte le virtù, ma
specialmente come esempio di pazienza. San Francesco di Sales
osserva che alle nozze di Cana Gesù diede alla santa Vergine quella
risposta, con cui mostrava di tenere poco conto delle sue preghiere:
«Che ho da fare con te, o donna?», proprio per dare a noi l'esempio
della pazienza della sua santa Madre. Ma tutta la vita di Maria fu
un esercizio continuo di pazienza. L'angelo rivelò a santa Brigida
che la beata Vergine visse sempre tra le pene: «Come la rosa cresce
tra le spine, così la santa Vergine crebbe fra le tribolazioni in
questo mondo». La compassione delle pene del Redentore bastò a
fare di lei una martire della pazienza. Perciò san Bonaventura dice:
«Colei che fu crocifissa concepì il crocifisso». Quanto poi ella
soffrì durante il viaggio e la permanenza in Egitto, come in tutto
il tempo che visse con il Figlio nella bottega di Nazaret, l'abbiamo
già considerato. Basta la sua presenza accanto a Gesù moribondo
sul Calvario, a far capire quanto costante e sublime fu la sua
pazienza: «Vicino alla croce di Gesù stava sua madre» (Gv 19,25).
Proprio per merito di questa sua pazienza, dice il beato Alberto
Magno, Maria divenne nostra madre che ci partorì alla vita della
grazia.
Se
desideriamo dunque essere figli di Maria, bisogna che cerchiamo d'imitarla
nella pazienza. «Che cosa mai, dice san Cipriano, può arricchirci
più di meriti in questa vita e di gloria nell'altra, che il
soffrire le pene con pazienza?». «Chiuderò la tua via con una
siepe di spine», dice il Signore per bocca di Osea (Os 2,8). E san
Gregorio aggiunge: «Le vie degli eletti sono cosparse di spine».
Come la siepe protegge la vigna, così Dio circonda di tribolazioni
i suoi servi, affinché non si attacchino alla terra. San Cipriano
conclude dunque che la pazienza ci libera dal peccato e dall'inferno.
La pazienza è quella che fa i santi: «Rende l'opera perfetta» (Gc
1,4), facendoci sopportare in pace le croci che ci vengono
direttamente da Dio, cioè l'infermità, la povertà, ecc. e quelle
che ci vengono dagli uomini: persecuzioni, ingiurie, ecc. San
Giovanni vide tutti i santi con le palme - segno del martirio -
nelle mani: «Dopo ciò apparve una moltitudine immensa... avevano
palme nelle loro mani» (Ap 7,9); il che significa che tutti gli
adulti che si salvano devono essere martiri di sangue o di pazienza.
Rallegriamoci dunque, esclama san Gregorio, «possiamo essere
martiri senza strumenti di martirio, se siamo pazienti»; se
soffriremo le pene di questa vita, come dice san Bernardo, «pazientemente,
volentieri, gioiosamente». Quanto ci frutterà in cielo ogni pena
sofferta per Dio! Perciò l'Apostolo ci incoraggia: «Il momentaneo,
leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità
smisurata ed eterna di gloria» (2 Cor 4,17). Belli sono i pensieri
di santa Teresa a tale proposito. Diceva: «Chi abbraccia la croce,
non la sente». E altrove: «Quando uno è risoluto a patire, è
finita la pena».
Quando
ci sentiamo oppressi dalle croci, ricorriamo a Maria, che la Chiesa
chiama «Consolatrice degli afflitti» e san Giovanni Damasceno «Rimedio
di tutti i dolori dei cuori».
Signora
mia dolcissima, tu innocente soffristi con tanta pazienza e io che
ho meritato l'inferno rifiuterò di soffrire? Madre mia, questa
grazia oggi ti chiedo: non di essere liberato dalle croci, ma di
sopportarle con pazienza. Per amore di Gesù ti prego di ottenermi
da Dio questa grazia. Da te la spero.
LA
PREGHIERA DI MARIA
Non
vi è mai stata su questa terra alcun'anima che come la beata
Vergine abbia con tanta perfezione messo in pratica il grande
insegnamento del nostro Salvatore: «Bisogna pregare sempre, senza
stancarsi mai» (Lc 18,1). Da nessun altro, dice san Bonaventura,
possiamo meglio prendere esempio ed imparare la necessità che
abbiamo di perseverare nella preghiera, quanto da Maria. Il beato
Alberto Magno afferma che, dopo Gesù, la divina Madre fu nella virtù
dell'orazione la più perfetta di quanti vi sono mai stati e vi
saranno. In primo luogo la sua orazione fu continua e perseverante.
Sin dal primo istante in cui ebbe la vita e con la vita il perfetto
uso della ragione, Maria cominciò a fare orazione. Perciò, per
meglio attendere alla preghiera, a tre anni volle rinchiudersi nel
ritiro del tempio. Ella stessa disse alla vergine santa Elisabetta:
«Mi alzavo sempre a mezzanotte e andavo davanti all'altare del
tempio a presentare le mie preghiere al Signore». Inoltre, per
meditare sulle sofferenze di Gesù, dice Odilone, «visitava
frequentemente i luoghi della nascita, della passione e della
sepoltura del Signore». San Dionisio Cartusiano scrive: «Nessun
affetto disordinato, nessuna distrazione, nessuna occupazione
esteriore distoglieva mai la mente della Vergine dalla sua
contemplazione».
Per
l'amore che portava all'orazione, la beata Vergine amò tanto la
solitudine che, come disse a santa Brigida, nel tempio si astenne
dal frequentare anche i suoi santi genitori. Riflettendo sulle
parole di Isaia: «Ecco: la vergine concepirà e partorirà un
figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14), san Girolamo osserva
che in ebraico la parola virgo significa propriamente «vergine
ritirata» e dunque già dal profeta fu predetto l'amore che Maria
avrebbe portato alla solitudine. Riccardo di san Lorenzo afferma che
l'angelo le disse: «Il Signore è con te», a causa del suo grande
amore per la solitudine. San Vincenzo Ferreri asserisce che la
divina Madre «non usciva mai di casa se non per andare al tempio e
vi andava tutta raccolta, tenendo sempre gli occhi bassi». Perciò
andando a visitare santa Elisabetta, «andò in fretta».
Da
questo, dice sant'Ambrogio, le giovani devono imparare a schivare il
pubblico. San Bernardo afferma che per amore della preghiera e della
solitudine Maria «era attenta a fuggire la compagnia e la
conversazione degli uomini». Lo Spirito Santo chiama Maria «tortorella»:
«Le tue guance sono belle come le guance della tortora» (Ct 1,9
Vulg.). Vergello spiega: «La tortorella è amica della solitudine
ed è simbolo della forza unitiva della mente». La Vergine visse
sempre solitaria in questo mondo, come in un deserto. Perciò di lei
fu detto: «Chi è costei che sale dal deserto, come colonna di fumo?»
(Ct 3,6). A proposito di queste parole l'abate Ruperto scrive: «Così
salisti dal deserto, avendo un'anima solitaria».
Filone
diceva che Dio non parla alle anime se non nella solitudine. Dio
stesso dichiarò per bocca di Osea: «La condurrò nella solitudine
e parlerò al suo cuore» (Os 2,16 Vulg.). E san Girolamo esclamava:
«O solitudine, in cui Dio parla e conversa familiarmente con i suoi!».
Sì, dice san Bernardo, perché «la solitudine e il silenzio che
nella solitudine si gode, costringono l'anima ad uscire con il
pensiero dalla terra e a meditare i beni del cielo».
Vergine
santa, ottienici tu l'amore per la preghiera e la solitudine
affinché,
distaccandoci dall'amore delle creature, possiamo aspirare soltanto
a Dio e al paradiso, in cui speriamo di vederti un giorno, per
lodare sempre e amare insieme con te il figlio tuo Gesù nei secoli
dei secoli. Amen.
«Venite
a me, o voi tutti che mi desiderate, saziatevi dei miei frutti»
(Sir 24,26 Vulg.). I frutti di Maria sono le sue virtù.
«Non
hai chi ti precede o chi ti segue. |